L’infarto miocardico acuto rappresenta una delle emergenze cardiovascolari più gravi e frequenti nella popolazione mondiale, soprattutto nei paesi industrializzati. In Italia, ogni anno si registrano circa 120.000 casi, con una mortalità che attualmente si aggira intorno all’11%. Tuttavia, grazie ai continui progressi in campo medico e alle strategie di prevenzione, si prevede una significativa riduzione di questa percentuale nei prossimi anni. Comprendere i rischi infarto e i sintomi associati è essenziale per intervenire tempestivamente e migliorare la prognosi.
Che cos’è l’infarto miocardico e quali sono le cause principali
L’infarto miocardico consiste nella necrosi di una parte del muscolo cardiaco a causa di un’interruzione prolungata del flusso sanguigno, generalmente superiore ai 30 minuti. Questa interruzione è quasi sempre dovuta all’occlusione improvvisa di un’arteria coronaria, causata dalla formazione di un trombo su una placca aterosclerotica rotta o ulcerata.
La placca aterosclerotica è una protuberanza che si forma all’interno delle arterie coronarie a seguito dell’accumulo di grassi, cellule infiammatorie e altre sostanze. Quando questa placca si rompe, si attiva un processo di coagulazione che porta alla formazione di un coagulo (trombo) che può occludere completamente il vaso, impedendo il passaggio del sangue e causando l’ischemia e la morte del tessuto cardiaco interessato.
Tra le cause meno comuni vi è lo spasmo coronarico, spesso indotto dall’assunzione di droghe come la cocaina, ma la maggioranza degli infarti è correlata all’aterosclerosi.
Fattori di rischio infarto: come riconoscerli e intervenire
L’infarto ha una natura multifattoriale e i fattori di rischio sono molteplici. Alcuni sono modificabili, altri no. Tra quelli non modificabili troviamo:
- Età avanzata (oltre 40 anni per gli uomini e 55 per le donne);
- Sesso maschile, con un rischio che nelle donne aumenta dopo la menopausa;
- Familiarità per malattie cardiovascolari, soprattutto se gli eventi si sono verificati in età giovane.
I fattori modificabili, che possono essere gestiti con interventi sullo stile di vita o terapia medica, includono:
- Fumo di sigaretta, uno dei principali responsabili dell’aterosclerosi e dell’infarto;
- Ipertensione arteriosa, che aumenta il lavoro del cuore e favorisce danni vascolari;
- Diabete mellito, che danneggia le arterie e accelera la formazione delle placche;
- Obesità, specialmente quella addominale, associata a disfunzioni metaboliche;
- Sedentarietà, che riduce la capacità cardiovascolare e favorisce l’insorgenza di fattori di rischio;
- Dieta povera di frutta e verdura e ricca di grassi saturi e zuccheri;
- Stress cronico e momenti di iperlavoro fisico o mentale;
- Consumo eccessivo di alcol e uso di droghe come cocaina e metamfetamine.
È importante sottolineare che la presenza di uno o più di questi fattori non determina inevitabilmente un infarto, ma ne aumenta sensibilmente il rischio. Allo stesso modo, l’assenza di fattori di rischio non garantisce immunità.
Sintomi e complicanze dell’infarto miocardico
Il segnale d’allarme più comune è un dolore oppressivo al centro del petto, spesso descritto come una morsa o un peso, che può irradiarsi verso il collo, la mandibola, le braccia e la schiena. Il dolore può anche manifestarsi come un semplice bruciore o essere localizzato all’addome, accompagnato da nausea, vomito, sudorazione fredda e senso di affaticamento. Nelle donne, i sintomi possono risultare meno evidenti e includere dolore addominale, stordimento o capogiri.
La tempestività nell’intervento è cruciale: un trattamento entro i primi 60-90 minuti dall’insorgenza dei sintomi può ridurre significativamente mortalità e danni al muscolo cardiaco.
Tra le complicanze più gravi dell’infarto vi è la fibrillazione ventricolare, che può causare arresto cardiaco improvviso e morte se non trattata immediatamente con defibrillazione. Altre complicanze includono la tachicardia ventricolare, l’insufficienza cardiaca dovuta alla perdita di funzione contrattile del cuore, l’aneurisma ventricolare e la disfunzione delle valvole cardiache.
Diagnosi e terapie per l’infarto miocardico
La diagnosi si basa su una combinazione di elementi clinici: sintomi, elettrocardiogramma (ECG) e analisi del sangue per la ricerca di marcatori cardiaci come la troponina, la cui presenza indica danno miocardico.
Il trattamento d’urgenza consiste nel ripristinare il flusso sanguigno il prima possibile, per limitare la necrosi cardiaca. Le principali terapie includono:
- Trombolisi con farmaci che sciolgono il trombo;
- Angioplastica coronarica primaria, una procedura invasiva che utilizza un catetere per dilatare l’arteria occlusa e spesso impiantare uno stent per mantenerla aperta;
- Uso di farmaci come aspirina, eparina, nitroglicerina, beta-bloccanti e statine per prevenire ulteriori eventi e stabilizzare le condizioni.
Nei casi più gravi si può ricorrere a interventi chirurgici come il bypass coronarico.
Prevenzione e gestione del rischio
La prevenzione rimane la migliore strategia per ridurre i rischi infarto. Oltre al controllo medico costante, è fondamentale adottare uno stile di vita sano: smettere di fumare, seguire una dieta equilibrata ricca di frutta e verdura, mantenere un peso corporeo adeguato, praticare regolare attività fisica e gestire lo stress.
Inoltre, la terapia farmacologica mirata a correggere ipertensione, diabete e dislipidemia gioca un ruolo chiave nel prevenire recidive e migliorare la qualità della vita dei pazienti già colpiti da infarto.
Infine, il monitoraggio continuo e i programmi di riabilitazione cardiologica personalizzati rappresentano strumenti fondamentali per la gestione post-infarto e la riduzione del rischio di nuovi eventi.
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